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Trust: come funziona e vantaggi di questo strumento – Sommario
- Trust e holding insieme rappresentano un’ottima combinazione per la protezione dei patrimoni.
- È un strumento che può essere altamente flessibile.
- Questa figura garantisce la riservatezza e la segregazione patrimoniale.
- È giunto fino a noi con la stessa struttura di base.
- Vanta notevoli aspetti da considerare sul piano tributario.
Trust come schema insuperabile per protezione e pianificazione patrimoniale
Ho già dedicato alla figura del trust un precedente articolo, nonché un intervento durante la Settimana del Risparmio per trader e investitori. Te lo sei perso? Ho una bella notizia. Puoi rivederlo subito nel video qui sotto.
Puoi rivedere tutti gli episodi della Settimana del Risparmio per trader e investitori sul canale YouTube di Assistenza Brokers a questo link.
Tornando a noi, vorrei parlarti ancora di come i trust rappresentino un formidabile schema di protezione dei patrimoni di famiglia.
Un esempio concreto ti farà capire come ricchezze anche ingenti possono essere protette attraverso questo formidabile strumento.
Questo, infatti, può combinarsi con altri schemi di protezione dei patrimoni, per esempio con l’utilizzazione di una holding, di cui ho scritto recentemente sul blog.
Trust e holding: schema vincente
Ultimamente i giornali economici hanno a lungo parlato di uno dei più grandi imprenditori al mondo nel campo della siderurgia.
Ebbene, devi sapere che le casseforti del nostro imprenditore, risiedente a Londra, si trovano a Jersey, un’isola del Canale della Manica, anche nota come regno dei trust.
Proprio a Jersey, infatti, il nostro imprenditore ha istituito ben sei trust. Attraverso di essi esercita il controllo sul più grande gruppo industriale dell’acciaio, questo anche grazie a una società holding.
Trust: come funziona, in concreto?
Nel caso specifico, i beneficiari dei trust sono l’imprenditore stesso, la moglie e due i figli.
I sei trust controllano, poi, il 100% di una holding domiciliata a Gibilterra, che è un paradiso fiscale.
Specificamente, due di essi controllano, rispettivamente, il 70% e il 30% delle azioni di tipo A della holding. Queste sono azioni con diritto di voto, ma senza il diritto al dividendo.
Gli altri quattro si dividono il 100% delle azioni di tipo B, con diritto al dividendo, ma senza diritto di voto.
Ovviamente, il sistema fiscale a Gibilterra è particolarmente vantaggioso e i dividendi percepiti dalla holding, che vengono poi incassati dai trust di Jersey, scontano un’imposta minima se non addirittura inesistente.
Così, tramite due trust la famiglia si ripartisce le azioni, per il controllo della holding e, quindi, dell’intero gruppo. I dividendi vengono, invece, ripartiti equamente, tramite gli altri quattro trust e… quasi senza tassazione!
Geniale, vero?
Riservatezza di questo istituto
Ma vi è di più. Come potrai intuire, i sei trust erigono un muro di riservatezza intorno ai beni della famiglia. Infatti, questo strumento di tutela del patrimonio familiare, in genere, crea una separazione tra i beni e suoi proprietari, i quali non ne possono più disporre, avendoli affidati a un trustee. Nel caso specifico, si trattava di una società, una trust company.
Ma la legge di Jersey è particolare. Infatti, tra le clausole dell’atto istitutivo dei sei trust ce n’è una che dispone che le decisioni più importanti devono essere assunte dal trustee con il consenso scritto del nostro imprenditore. Quest’ultimo è contemporaneamente il disponente, il guardiano e il beneficiario, assieme ai familiari, dei sei trust.
Nota la assoluta flessibilità e la combinazione con i vantaggi della holding.
Il nostro imprenditore, disponente, ha conferito nei fund trust le azioni della holding. Nel contempo, ha cumulato sulla sua persona anche l’ufficio di guardiano o protector, ossia di colui che controlla il buon operato del trustee. Egli, infine, è, assieme alla sua famiglia, il beneficiario dei trust e, dunque, percettore dei dividendi connessi alle azioni. Queste ultime, inoltre, andranno in successione ai suoi figli, consentendo, intanto, una gestione ordinata e accentrata dell’intero gruppo.
Monaci, cavalieri e un po’ di storia
Forse non sai che il trust è un istituto nato in Inghilterra, molti secoli fa. Addirittura, parliamo del XII secolo.
All’origine, costituì uno stratagemma di cui si servirono i cavalieri in procinto di partire per le crociate in Terra Santa. Questi affidavano l’amministrazione delle loro proprietà ai monaci francescani, da tempo sbarcati anche in Inghilterra, che le gestivano, in loro assenza, nell’interesse della sposa e dei figli.
Si può affermare, dunque, che i monaci furono i primi trustee della storia.
Da qui ha iniziato a consolidarsi una prassi regolata da norme equitative, al di fuori del diritto ufficiale, il c. d. common law, imposto dai Normanni, che avevano conquistato l’Inghilterra.
Dapprima, infatti, l’uso dell’affidamento fiduciario si diffuse tra i vassalli dell’Inghilterra medievale. Essi volevano evitare gli alti tributi da pagare ai signori feudali per le loro proprietà terriere.
Con il passare del tempo, la prassi sviluppò una figura più complessa. I proprietari terrieri, infatti, presero a trasferire a un soggetto la proprietà formale di un bene e a un altro (beneficiario) il godimento dello stesso bene. Quest’ultimo trasferimento prese il nome di trust.
I beneficiari del trust non avevano una tutela di legge nei confronti del proprietario formale, sicché i loro interessi vennero tutelati dai decreti del Cancelliere del Re. Questo decideva secondo equità, in base alla giustizia del singolo caso.
Nel corso dei secoli, la sua struttura base è giunta fino a noi sotto varie forme. Ha conservato, però, la sua fondamentale caratteristica. La proprietà formale spetta al trustee, secondo le norme della common law, mentre il godimento al beneficiario, secondo le regole di equità.
Quali sono i fini del trust
Oggi l’impiego del trust copre molteplici ambiti della vita associata.
I fini del trust sono i più vari: dalla protezione e sostegno dei beneficiari, al raggiungimento di uno specifico scopo, all’utilizzo del trust nell’ambito societario, finanziario e commerciale.
Esistono, dunque, trust liberali o di tipo fiduciario, con i quali si dispone l’amministrazione e la custodia di asset familiari e non; trust commerciali, utilizzabili per disporre la segregazione di attività dell’impresa, spesso a titolo di garanzia; trust con scopo di pubblico interesse, ecc.
Nella realtà italiana, in particolare, sono numerosi i trust istituiti con il fine di avere successioni ordinate e al riparo dalle vicende avverse. Ci sono, poi, i trust degli imprenditori che desiderano che la propria azienda non si dissolva nel giro di una o due generazioni.
Qual è la struttura del trust
Vale la pena ricordare, infine, quella che è, da secoli, la sua struttura essenziale.
È un negozio giuridico (atto unilaterale) di affidamento fiduciario.
Per mezzo del trust il disponente (detto settlor, persona fisica o giuridica) trasferisce ad altro soggetto (detto trustee) la proprietà di tutti o parte dei propri beni (mobili, immobili quote sociali, titoli, denaro, opere d’arte, ecc), o diritti.
Il trustee amministra i beni, secondo le modalità e finalità indicate dal disponente nell’atto istitutivo di trust.
È pertanto un istituito a favore di uno o più soggetti che sono i beneficiari, ovvero per il perseguimento di uno scopo (per esempio, di pubblico interesse).
A tali figure si può aggiungere quella del protector (o guardiano) al quale il disponente può attribuire compiti di controllo e vigilanza dell’operato del trustee.
L’effetto principale del trust è che esso realizza la segregazione patrimoniale.
In altre parole, i beni apportati in trust costituiscono un patrimonio separato rispetto al patrimonio del trustee.
Si esclude, così, il rischio di aggressione da parte dei creditori personali del trustee, ma anche del disponente o del beneficiario.
Piano fiscale
La giurisprudenza, è sempre attenta ai vari profili tributari del trust.
Vorrei, qui, evidenziare, tra i tanti, soltanto un aspetto importante e attuale.
Recentemente, la Cassazione ha affermato che l’atto istitutivo del trust, così come i suoi atti di dotazione, non sono imponibili ai fini delle imposte indirette.
Essi, in particolare, non integrano un trasferimento imponibile ai fini dell’imposta sulle successioni e donazioni.
Non esiste, infatti, tendenzialmente, alcun incremento patrimoniale del trustee o del beneficiario che giustifica la tassazione all’atto dell’istituzione del trust.
Conclusioni
Spero che abbia apprezzato le potenzialità di questo strumento, davvero formidabile quanto a flessibilità e possibilità di impiego da parte di tutti.
Esistono, tuttavia, altri possibili schemi giuridici attraverso i quali tutti noi possiamo proteggere i nostri beni e pianificare il nostro futuro e quello dei nostri familiari.
Te ne parlerò nei prossimi articoli, durante un percorso che ti renderò semplice e denso di interesse.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_cta h2=”Vuoi fare chiarezza sulla tua posizione fiscale?” h4=”Prenota la tua coaching su misura con la nostra Dott.ssa Commercialista.” txt_align=”center” style=”custom” add_button=”bottom” btn_title=”CONTATTA SUBITO” btn_style=”custom” btn_custom_background=”#d822a5″ btn_custom_text=”#ffffff” btn_size=”lg” btn_align=”center” btn_i_icon_fontawesome=”far fa-hand-point-right” btn_add_icon=”true” custom_background=”#1fc1ac” custom_text=”#ffffff” btn_link=”url:http%3A%2F%2Fbit.ly%2F36XT6C0|title:CONTATTA%20SUBITO||”][/vc_cta][/vc_column][/vc_row]
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