A un anno dall’annuncio del referendum per la Brexit possiamo tirare le prime somme dell’effetto che ha avuto sui mercati.
È trascorso esattamente un anno da quel 22 febbraio 2016 in cui l’allora primo ministro Cameron annunciava alla House of Parliament che la Gran Bretagna avrebbe indetto un referendum per rimanere o meno nell’Unione Europea. In quei giorni mi trovavo a Londra e ricordo che, all’interno della City la notizia è suonata quasi come una barzelletta, ed è passata in secondo piano in brevissimo tempo.
Con il passare dei mesi è cresciuto l’impatto mediatico sulla vicenda, senza mai scuotere più di tanto l’industria finanziaria in quanto praticamente nessuno si sarebbe mai aspettato un esito simile.
Il resto è storia, il 23 giugno il popolo si è espresso favorevolmente portando uno shock a livello europeo che non si percepiva da anni, mettendo in dubbio equilibri e certezze che accompagnavano l’Europa da decenni.
Gli sviluppi
Superato lo stordimento iniziale, un primo forte cambiamento lo abbiamo avuto dal punto di vista politico, con le dimissioni del primo ministro Cameron in favore di Theresa May, mai espressamente favorevole all’uscita ma molto rispettosa della decisione presa dal popolo inglese.
Nonostante qualche ritardo non proprio in stile British, è di qualche settimana fa la conferma che la pratica Brexit è ufficiale e approvata anche dal parlamento.
Ora manca solo il via libera della camera dei Lord ma, salvo ulteriori colpi di scena, la macchina si metterà in moto già a partire da questo 2017. C’è chi sostiene che il Regno Unito abbia fatto la miglior scelta dal dopoguerra, e chi invece che si sia scavato la fossa da sola allontanandosi dall’Europa.
La reazione dei mercati
Un evento di tale portata è estremamente difficile da valutare, da un punto di vista sociale, culturale ed economico, e tutti gli analisti stanno cercando, dati alla mano, se effettivamente sia stata una giusta scelta per il futuro del paese.
Osserviamo la reazione da un punto di vista monetario, per capire la forza della sterlina anche in confronto alle principali valute, Euro /dollaro, utile anche a determinare i rapporti di import/export tra i vari paesi.
Confrontata con l’euro, la sterlina fa segnare un -8% rispetto al febbraio dell’anno scorso e -11% se prendiamo come riferimento la data del referendum. Se teniamo come riferimento il dollaro Americano, il quadro si fa più negativo e segnaliamo un -11% rispetto a febbraio 2016 e -16% dal giorno del voto.
Da segnalare, nel marasma macroeconomico anche un raro evento accaduto ad ottobre, un cosiddetto flash crash che nel giro di poche ore ha svalutato la sterlina di diversi punti percentuali per poi riassorbirsi nel corso della seduta, sintomo di un forte nervosismo secondo i più cauti e vero test per il futuro secondo i più smaliziati.
In controtendenza invece l’andamento del FTSE100, ovvero l’indice che racchiude le 100 società inglesi più importanti.
La performance su base annua per l’indice fa segnare un quasi +25%.
In questo caso se lo paragoniamo all’indice francese, il FTSE ha performato oltre il 10% in più, fermandosi a pochi punti dal rialzo della borsa tedesca (+27%). Rimane da capire se siano valori reali oppure viziati anche dal contesto di mercato euforico che ha caratterizzato le borse mondiali negli ultimi mesi, spinti molto anche da Wall Street.
Conclusione
Ad oggi, è ancora prematuro definire se l’uscita sia stata oppure no la giusta scelta. Il 2017 si conferma un anno estremamente delicato, dove ufficialmente la Brexit inizierà a muovere i suoi primi passi. Sul fronte europeo Olanda e Francia andranno alle urne, e già si parla di FREXIT in caso di vittoria della Le Pen.
Se l’Europa dovesse perdere un altro tassello strategico come la Francia potrebbe portare da una parte a dimenticare l’Europa per come la conosciamo, dall’altra dare al Regno Unito un vantaggio non solo valutario ma anche legislativo e strutturale di oltre 2 anni rispetto al vecchio continente.
Cosa pensate succederà?
Avete notato altre tendenze particolari legate alla Brexit?
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